IC DIGITAL SEARCH EXPERIENCE: trasforma la SEO in un’esperienza memorabile
“The content is king”, recita un vecchio e abusato adagio di Bill Gates, ma se nessuno ha mai messo in discussione l’importanza di offrire agli utenti contenuti di qualità, oggi è più che mai necessario fare un passo avanti riflettendo sul concetto stesso di qualità, se si vuole restare competitivi con il proprio sito.
Dall’estate scorsa, infatti, Google ha introdotto con l’aggiornamento del suo algoritmo una sostanziosa novità in termini di valutazione della User Experience (più correttamente della Page Experience) come elemento cruciale per il ranking.
In altre parole, un contenuto per quanto ben fatto, approfondito ed esauriente, serve a poco se non incontra le necessità di chi lo legge.
È per questo che Google, cercando rispondere ad ogni richiesta nel modo più accurato, individua e interpreta i bisogni dell’utente sottintesi nella ricerca e li incrocia con dati di performance tecniche che esprimono un risvolto qualitativo nell’esperienza stessa del visitatore.
I contenuti e l’esperienza globale di un sito devono rispondere a questi bisogni per mantenere un buon posizionamento: ciò significa andare oltre alla semplice SEO, percorrendo la nuova strada dell’ottimizzazione dell’esperienza dell’utente in pagina.
Lo studio dei trend di ricerca si fonde così con quello della User Experience, dando vita alla nuova “scienza” della Search Experience. Il mantra di Gates sui contenuti potrebbe dunque oggi essere integrato e attualizzato in “The content is king and experience is queen”.
La via annunciata da Google non è in realtà una rivoluzione assoluta: già da tempo era chiara la tendenza a introdurre metodi sempre più efficaci per misurare la soddisfazione degli utenti e la qualità della loro esperienza. La novità in questo caso arriva dalla considerazione di nuovi parametri per classificare le pagine: indicatori come velocità, interattività, ecc. diventano così fattori di ranking a tutti gli effetti, insieme agli altri già conosciuti, e nei casi in cui vi siano più pagine con contenuti simili, l’experience risulta molto più importante per la visibilità nei risultati della ricerca.
Cosa sono i core Web Vitals
Tempi di caricamento lenti, interfacce non ottimizzate per il tuo dispositivo, pagine che si modificano mentre cerchi di interagire… tutte esperienze negative che vanno a influire sull’esperienza di navigazione, misurate attraverso dei parametri standard chiamati Web Vitals.
Tra questi Google ritiene che ce ne siano tre fondamentali per un web più piacevole e usabile, definiti “Core”, che stanno alla base del progetto Page Experience.
Per rendere più chiara e immediata la qualità che ci si deve aspettare da uno specifico sito, saranno anche predisposti degli indicatori visivi nei risultati di ricerca, ovvero una sorta di etichetta per distinguere le pagine che offrono un’esperienza considerata ottimale.
Tornando ai 3 Core Web Vitals, più precisamente Google parla di:
- LCP – Largest Contentful Paint
Misura la velocità di caricamento dell’elemento principale e più visibile della pagina, che dovrebbe idealmente essere non più lento di 2,5 secondi.
- FID – First Input Delay
Si tratta del tempo che passa tra la prima interazione di un utente con la pagina e la risposta effettiva del browser: per una buona UX il ritardo non deve essere superiore ai 100 millisecondi.
- CLS – Cumulative Layout Shift
Indica la stabilità visiva della pagina, cioè gli spostamenti imprevisti del layout che si verificano in una pagina ogni volta che un elemento visibile cambia la sua posizione da un frame all’altro: le pagine che garantiscono una buona esperienza sono quelle con un valore inferiore a 0,1.
LE BEST PRACTICE DI IC DIGITAL QUANDO SI PARLA DI SEARCH EXPERIENCE
Il nuovo algoritmo di Google rende necessaria una pronta risposta dei brand che non vogliono farsi trovare impreparati, e se Google mette al centro la qualità di navigazione dell’utente, in IC DIGITAL vogliamo aggiungere valore a questa esperienza tramite una ricerca continua del miglior allineamento fra le attese di un Human Target e le esigenze tecniche del Google Algorithm.
Ciò significa fare un’attività che unisce strategic planning, declinata nello specifico del canale, audit qualitativo e tecnico, confronto dell’offerta – in termini di esperienza – con i competitor per arrivare ad offrire qualcosa di unico, memorabile.
Un approccio che sfrutta un mix di tool, piattaforme, analytics insieme alla insostituibile esperienza e sensibilità umana per raggiungere risultati ambiziosi e misurarne il controvalore economico.
Una metodologia che funziona: SEO, Structure e Content Strategy
La domanda che ogni volta ci facciamo è: come portare le persone giuste al contenuto giusto, sul nostro sito?
La risposta sta nella fusione tra SEO, Structure e Content Strategy, ovvero ci concentriamo sul bisogno e non sul prodotto, fornendo i contenuti di conseguenza.
Analizziamo le ricerche su Google, le suddividiamo in cluster, individuiamo la search intent (in)espressa e infine ottimizziamo contenuti e architettura del sito.
Creare un contatto diretto e personalizzato tra tutte le parti, ad esempio tra brand e utente finale, rappresenta il vero valore aggiunto di questa metodologia di lavoro.
A seconda del livello di intervento, con uno studio strategico che ci porti alla definizione accurata delle prospettive di progetto, in 24 mesi sarà possibile raggiungere visite organiche e posizionamento fino a ora impensabili, con un ritorno economico misurabile in un deciso aumento dei valori del CPCm.