Chiedimi se sei depresso
Mary Giliberti, Chief Executive Officer della National Alliance of Mental Illness – NAMI, la più importante associazione americana nel campo dei disturbi mentali, ha recentemente sottolineato su un post per Google che la depressione clinica è una condizione molto comune, e che circa 1 americano su 5 ha avuto almeno un episodio nella vita.
A dispetto però di questa diffusione, solo la metà delle persone che ne soffrono riceve un trattamento.
Perché la CEO della NAMI ha scelto proprio Google per lanciare questo segnale d’allarme?
La risposta è piuttosto interessante e va cercata nell’impegno che il motore di ricerca sembra stia profondendo in ambito medico.
I numeri delle ricerche on line su temi legati alla salute sono in continua ascesa, con più della metà degli americani che si rivolgono a internet come prima fonte di informazioni a riguardo.
In Italia la tendenza è simile, dove quasi il 30% di utenti ricorrono al web per informarsi su specifiche patologie e terapie.
Di fronte a un fenomeno così vasto, è chiaro che il ruolo del colosso di Mountain View diventa di primo piano nel guidare gli utenti verso percorsi ragionati e consapevoli, cercando di prevenire il rischio (concreto) delle fonti inattendibili.
Parliamone con il Dott. Google
Mary Giliberti spiega che da queste premesse è nata una collaborazione tra NAMI e Google rivolta a fornire alle persone che potrebbero soffrire di depressione un accesso più diretto a strumenti informativi affidabili.
Il principio è semplice: agli utenti che digiteranno chiavi di ricerca quali “depressione” o “disturbi depressivi” (il 5% secondo i dati di Google), il motore di ricerca proporrà un bottone per accedere a un questionario con cui effettuare un’autovalutazione del proprio livello di depressione.
Il test anonimo, chiamato PHQ-9 e composto da nove domande sul livello di interesse e piacere nel fare alcune cose, è scientificamente validato dall’associazione americana, secondo la quale sarebbe un modo sintetico e affidabile per rilevare i primi sintomi della patologia. Riconoscere tempestivamente i segnali della depressione è cruciale per risolvere il problema, considerato che negli Stati Uniti chi è affetto dal disturbo si rivolge a uno specialista con un ritardo di 6-8 anni.
Viene inoltre garantito che le risposte degli utenti non saranno conservate da Google e che non si riceverà pubblicità mirata.
I punteggi più preoccupanti porteranno a un collegamento diretto con la National Lifeline di prevenzione dei suicidi.
Il test attualmente è disponibile soltanto per gli utenti americani in versione mobile, ma un suo eventuale successo potrebbe portare alla diffusione in altri Paesi.
Pazienti più informati e consapevoli
Questo esperimento rappresenta senza dubbio una via intelligente all’utilizzo dei mezzi digitali in tema salute.
Offrire opportunità di prevenzione, diagnosi e cura, in risposta a una ricerca particolarmente delicata, non significa sostituirsi al medico ma mettere a disposizione uno strumento, si potrebbe dire di “consulenza”, in grado di presentare un quadro più chiaro, e in caso di necessità consigliare di rivolgersi a uno specialista con cui avere così un dialogo più informato e disporre di un accesso più rapido al trattamento.